"la clase operaia è andata all'inferno"

venerdì 17 aprile 2009

Sulla COSCIENZA DI CLASSE

« Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero » (Lenin)

Se la coscienza di classe rende i proletari (precari, impiegati, operai, cottimisti, disoccupati ecc cosa sono oggi se non proletari?) consci del fatto che la propria situazione di sfruttati è organizzata, realizzata a tavolino, dalle classi dirigenti che per godere del lusso del capitale hanno necessariamente bisogno di una massa indistinta di popolazione assoggettata, come si può affrontare la CRISI del capitalismo senza ritornare a porre centralmente la questione della coscienza di classe?

In una situazione di assoluto sfruttamento, di povertà dilagante, che è quella che viviamo attualmente, guardiamo i dati relativi alla cassa integrazione, il "povero" non può far altro che "campare alla giornata" cercando respiro economico in atteggiamenti spesso di sottomissione totale al padronato, che possano fruttargli un "tozzo di pane" (chi conosce l’aria che si respira in un cantiere sa bene di cosa si parla). Bene, in circostanze di questo tipo, il singolo totalmente slegato da un contesto collettivo, resiste alla crisi autonomamente perseguendo la logica dell'arrangiarsi anche e soprattutto a discapito del suo pari.

Questo quadro favorisce e rafforza ancor di più la classe padronale che sfrutta la situazione di scompiglio tra le “fila nemiche” (scusate la metafora militarista da neo brigatista; fa schifo pure a me, ma rende l’idea) che, invece di compattarsi e rivendicare una redistribuzione delle ricchezze, continuano a perseguire una "politica" individualista estrema.

Ovviamente, alla luce di quanto affermato, il coltello dalla parte del manico è sempre di più nelle mani di quei soggetti che oggi dovrebbero pagare la crisi, la loro crisi, ed invece continuano a sguazzare nella ricchezza per assenza di "nemici"; chi infatti dovrebbe opporsi e rivendicare un nuovo mondo, perché non ha più nulla da perdere, è sempre troppo impegnato a fottere il proprio pari per racimolare il famoso tozzo di pane (pensate agli uffici, ai cantieri, alle scuole, alle cooperative dove lavorate e provate a dire il contrario) proprio per mancanza di coscienza di classe.

L'unica reale opposizione, e il comunista questo dovrebbe saperlo bene, passa per lo sradicamento delle logiche individualiste (del tipo: “campo alla giornata e che mi frega del mio compagno… basta che oggi magno”) e attraverso la presa di coscienza, da parte dei singoli individui delle classi subalterne del proprio essere parte integrante di una classe sfruttata.

Attenzione… in anni passati, neanche troppo lontani, alcuni sono approdati alla lotta “radicale”, violenta, anche per uno stato di frustrazione sorto dal’aver realizzato prima di altri la propria condizione di sfruttato. La realizzazione di ciò e il ritrovarsi circondato da una marea di “menefreghisti-individualisti” (il quadro odierno sopra descritto) può aver indotto alcuni a pensare a loro stessi come ad una cerchia di eletti, una avanguardia (vi dice qualcosa?), che poteva arrogarsi il diritto di perseguire il proprio pensiero con qualsiasi mezzo.
ATTENZIONE… ritorniamo a parlare di DOSCIENZA DI CLASSE.

1 commento:

  1. Mio caro Domenico, che dire? Come non essere d'accordo con quanto scrivi? Mi sembra una lettura critica, assai attuale e necessaria....forse ha un poco il sapore dell'utopia! Dico utopia perchè, partendo da un concetto da te ben sottolineato, mi sembra, se non impossibile, alquanto improbabile uno “sradicamento delle logiche individualiste” che(mi verrebbe da dire “da sempre”) regolano i rapporti economici(ma non solo) dell'animale umano. Mi piace molto il percorso logico da te tracciato e la chiarezza con cui affronti la cosa. Ribadisco con te che esiste davvero nel mondo, ed è un dramma, una classe di sfruttati e una classe sfruttatrice: è una sorta di “imperialismo” economico basato sullo sfruttamento. In mezzo a tutto questo c'è una coscienza di classe assopita, quiescente...bisogna risvegliarla, e svegliarci!
    Tutti gli esempi che fai riguardo alla realtà di oggi, alla CRISI contemporanea (del capitalismo), alla povertà dilagante, alla cassa integrazione; hanno una ragion d'essere proprio nel mentre scrivi che, ed è un caso limite, esiste spesso addirittura una sottomissione totale al padronato. È un caso limite, ma è ciò che succede oggi, quasi sempre! Come può un singolo individuo arrivare a questo? Evidentemente perchè quel “tozzo di pane” da te menzionato sembra a volte essere una esigenza maggiormente prioritaria rispetto a ritrovare se stessi e la propria coscienza di classe. E non è un fatto di “logica”, bensì il bisogno di colmare, appunto, delle esigenze primarie!
    Certamente c'è un dato di fatto incontrovertibile: bisogna affrontare la CRISI ponendo e proponendo al centro di ogni discussione la questione della coscienza di classe.
    Sì, esiste una classe regnante che è tenuta assieme dal fatto che i membri hanno un interesse comune a difendere la propria “casta” di sfruttatori e massimizzare le ricchezze di cui si appropriano con atti di sfruttamento. Attenzione, è vero, tale classe non cede mai volontariamente il potere! Anzi, utilizza spesso strategie di “sottomissione” per assicurarsi stabilità e garanzie. Per far cedere potere è necessaria una lotta (cioè organizzazione, non violenza), il cui esito dipende appunto da quanto è forte la coscienza di classe degli sfruttati, cioè da fino a che punto essi hanno la consapevolezza di essere sfruttati e da fino a che punto si uniscono consapevolmente ad altri membri della classe per opporsi insieme allo sfruttamento.
    Aggiungo e concludo con una immagine tratta dalla filosofia che evidentemente durante il liceo non avevo ben compreso: ero più divertito dai “giovinotto” del prof. Bruno piuttosto che dalla fenomenologia di Hegel. È una immagine che mi è tornata subito alla mente leggendo e capendo(credo) il contenuto di questo post: è l'immagine hegeliana del servo ed del padrone, cioè del padrone che in realtà è servo del servo! Nella descrizione che Hegel fa del rapporto padrone-servo: il padrone dapprima domina il servo, come strumento con cui operare sulle cose; il padrone, però, si limita a consumare le cose, cioè a negarle, conseguendo un'autocoscienza immediata, non mediata dal riconoscimento dell'altro e di sé attraverso l'altro; il servo, al contrario, nel lavoro acquista consapevolezza di sé, supera lo stadio della coscienza naturale, conquista un orizzonte superiore di oggettività, di libertà. Il padrone senza il servo non sarebbe padrone; è il servo che produce e ha il potere di annientare il padrone. Ecco, tutto questo per dire che, in realtà, il coltello dalla parte del manico non ce l'hanno i padroni, ma i servi......basta prenderne coscienza(di classe)!!! oggi non c'è coscienza......ma QUIESCENZA.
    Saluti
    antonio franco

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