"la clase operaia è andata all'inferno"

sabato 11 luglio 2009

NO G8

(da Globalproject.info)

Si è conclusa all'Aquila la manifestazione indetta dal Patto di Base ( Cobas, RdB, SdL ) e Rifondazione Comunista per protestare contro il vertice del G8 e i piani di ricostruzione del Governo per le zone terremotate. 5000 partecipanti hanno sfilato dalla stazione di Paganica ai giardini della Villa Comunale de l'Aquila, percorrendo sette chilometri in corteo. Il corteo era aperto da "Epicentro Solidale", una struttura nata subito dopo il terremoto che ha costruito una rete di intervento e aiuto alle popolazioni autogestita. Qualche piccolo momento di tensione all'arrivo, a ridosso della zona rossa che impedisce l'ingresso nel centro storico dell'aquila quando un gruppetto di manifestanti volevba forzare il blocco di polizia. Sono stati allontanati dal servizio d'ordine del corteo.

In testa al corteo anche lo striscione ufficiale della manifestazione, firmato Cobas: «Voi G8 siete il terremoto, noi tutti aquilani». Alcuni manifestanti indossavano il tipico caschetto d'obbligo nelle visite alle zone terremotate, «l'unico modo per rientrare a casa, perché della Protezione civile non ci fidiamo». In corteo anche due vigili del fuoco di Verona, in divisa e casco d'ordinanza: «Il governo faccia qualcosa per la prevenzione - spiegano -, non dobbiamo essere sempre noi gli eroi. Maroni mantenga le promesse e stanzi fondi per altre 15 mila unità, ce lo chiede l'Europa».

venerdì 10 luglio 2009

Indicazioni per la manifestazione dalla Rete contro il G8


Comunicato di Alfio Nicotra, Responsabile nazionale Prc-Se Movimenti Altermondialisti
Quelle che seguono sono le ultime istruzioni in merito alla manifestazione nazionale indetta dalla Rete contro il G8 e alla quale il nostro partito ha aderito.

Come sapete la manifestazione avviene in un contesto difficile non solo per gli arresti ad orologeria e le tensioni che si sono avute a Roma e non solo, ma anche e soprattutto perché il G8 si svolge in una città terremotata, con popolazioni costrette a vivere in tendopoli militarizzate o trasferite in ordine di diverse migliaia lungo la costa.

E’ ferma volontà degli organizzatori evitare ogni problema con la popolazione e fare si che il corteo sia pacifico, di massa e inclusivo dei cittadini che vivono quella città.

Il tragitto della manifestazione ha più i connotati di una marcia che quelli di un corteo vero e proprio. Intanto la lunghezza – circa 7 km di cui l’ultimo in salita – per affrontare la quale, per di più sotto il sole estivo, è necessario attrezzarsi con copricapo e scarpette e con uno zainetto chwe abbia almeno con una bottiglietta di acqua.

La marcia partirà alle ore 12.00 dalla stazione di Paganica. Si tratta di una stazione non agibile per questo il solo modo per arrivarci è in auto o con i pullman. Per arrivarci occorre uscire dall’autostrada Roma-L’Aquila ad Aquila Est, prendere la SS 17, direzione Pescara-Sulmona, fino alla stazione.

I pullman, dopo aver portato i manifestanti dovranno poi andare a posteggiare all’Aquila, in un posteggio predisposto vicino ai Giardini comunali dove si concluderà la marcia.

Per chi viene in auto consigliamo di “accoppiarsi” con almeno due auto: dopo aver scaricato manifestanti nel luogo di partenza sarà utile posteggiare almeno una nel luogo di arrivo della marcia in modo da consentire, a conclusione della manifestazione, il recupero delle auto lasciate a Paganica.

E’ stato costituito un Legal Team dall’associazione Avvocati Europei Democratici che sarà operativo all’Aquila per ogni evenienza. Gli avvocati saranno riconoscibili durante il tragitto dalla pettorina con la scritta “Legal Team Europa”, mentre per chi necessita dell’assistenza legale è bene che si trascriva il numero di cellulare 3395930900.

Può darsi che alcuni pullman siano perquisiti dalle forze dell’ordine durante il tragitto per Paganica. E’ bene per questo avere dietro con se un documento di identificazione valido ed evitare di dare pretesti alle forze dell’ordine : l’imperativo è arrivare per l’ora del concentramento alla stazione Fs di Paganica.



giovedì 9 luglio 2009

Ucciderli da piccoli

di Valerio Evangelisti

Il metodo lo potremmo definire “ucciderli da piccoli”. Consiste nell’individuare gruppi di individui potenzialmente pericolosi, in quanto notoriamente ostili al sistema o a certi suoi aspetti, e incarcerarli o comunque angariarli in via preventiva, subissandoli di capi d’imputazione. Ciò in nome di lievi reati del passato prossimo o remoto, ingigantiti a livello di crimini colossali, oppure di reati non ancora commessi ma che potrebbero commettere in futuro.
E’ questa la linea adottata dal governo, con la connivenza di settori della magistratura (nessuno si illuda che tutti i magistrati siano dei Falcone / Borsellino: basti vedere certe cene sospette di loro illustri esponenti), dell’opposizione (?) e delle forze dell’ordine. Ne sono dimostrazione i 21 arresti di studenti dell’Onda di due giorni fa, e le perquisizioni in tutta Italia.

La motivazione ufficiale sono state le scaramucce (definirli “scontri” è esagerato) del 19 maggio scorso a Torino, contro la conferenza dei rettori d’Europa, chiamata a convalidare la totale privatizzazione dell’istruzione universitaria. Il movente vero è però stato enunciato a tutte lettere: gli arrestati “avrebbero potuto” contestare l’imminente riunione del G8. Parola di Giancarlo Caselli, praticamente un “padre della Repubblica”, idolo della sinistra (??) giustizialista, come i vari Spataro, Bocassini, D’Ambrosio.
Non è l’unico caso di lotta preventiva alle intenzioni. Il 10 giugno sono stati arrestati alcuni militanti della sinistra antagonista, sulla base di niente, perché “avrebbero potuto” tentare di ricostituire le Brigate Rosse e turbare il G8. Peggio ancora l’esito del processo milanese seguito all’ “Operazione Tramonto”, contro militanti del CPO Gramigna di Padova e del sindacalismo di base. Nel corso del dibattimento tutte le prove sostanziali sono miseramente cadute. Però anche questi sovversivi poco pentiti “avrebbero potuto” ricostituire le BR. Ne sono seguite condanne dai quindici anni in giù.
Poi c’è stata la retata, anch’essa “preventiva”, alla festa di Radio Sherwood. Sessanta persone arrestate, a prevenire loro ipotetici crimini. E l’irruzione al centro sociale Askatasuna di Torino, infondata quanto l’altra. L’Italia è diventata il regno bipartisan dell’”avrebbero potuto”. Regola già applicata a misteriose “cellule islamiche” dalle cattive intenzioni. Potenziali, è ovvio. Come nel profetico Philip K. Dick di Minority Report, si processano in anticipo i comportamenti futuri previsti da veggenti.
Non so perché, un ricordo mi torna alla mente. Mio nonno materno e i suoi due fratelli, imolesi, erano socialisti notori. Ogni volta che Mussolini passava per Bologna erano arrestati. Il motivo? “Avrebbero potuto” attentare al Duce.
Va detto che i tempi erano migliori, e la detenzione durava alcuni giorni, non quindici anni.
Mi viene un dubbio. Il governo italiano attuale non sarà fascista? Ma no, mi si risponderà: ha a capo un allegro libertino, che vara una legge garantista (per lui) dopo l’altra, e per presidente della Repubblica un anziano stalinista che sottoscrive tutto quanto. La “opposizione” parlamentare, poi, sulla linea dell’“avrebbero potuto” è totalmente concorde, si tratti di studenti facinorosi, di brigatisti in allenamento, di cellule islamiche non ancora attive, di indipendentisti sardi che non hanno ancora fatto un cazzo però potrebbero farlo.
Ma il dubbio rimane.

martedì 7 luglio 2009

Occhi aperti sull'inchiesta di Torino

6 / 7 / 2009

(da Global Project)

Quando la mattina vieni svegliato di soprassalto, magari perché la Digos ti sfonda la porta di casa con un ordine di custodia cautelare in carcere, spalanchi gli occhi all’improvviso e la vista impiega qualche minuto di più per mettere a fuoco i dettagli e definire con maggior esattezza i contorni delle figure. Ecco, questo sforzo di rendere più lucido il nostro sguardo, per comprendere meglio ciò che sta accadendo, conviene farlo al più presto di fronte agli arresti della notte scorsa per la manifestazione contro il G.8 università di Torino. Perché, con il passare delle ore, iniziano a vedersi dettagli che tanto di dettaglio non sono, ma rendono questa operazione politicamente più leggibile.

All’inizio, sembrava qualcosa di (purtroppo) già visto negli ultimi dieci anni. All’indomani della straordinaria prova di resistenza e vitalità di Vicenza e alla vigilia del summit de L’Aquila, uno dei tanti apparati di Stato (servizi, Ros, Digos, Direzione centrale della polizia di prevenzione, come si chiama oggi la vecchia Ucigos, scegliete voi quale …) trova un magistrato compiacente, una figura marginale, una terza fila, disposto a perdere la faccia con un dossier poi destinato al sicuro ridimensionamento in sede di giudizio e il gioco è fatto: un po’ di arresti, giuridicamente ingiustificabili per l’assenza di motivazioni, per il tempo trascorso dai fatti, per capi d’imputazione di lieve entità, corroborati da un po’ di materiale video in cui non si capisce nulla, tanto per dire che si sono “bloccati i violenti, prima che potessero scatenare la guerriglia” intorno al vertice. Non era successo forse così con la meschina provocazione dell’inchiesta e degli arresti per “cospirazione politica”, partiti dalla Procura di Cosenza, alla vigilia del Forum sociale europeo di Firenze nel novembre 2002 ? Cosa c’è di meglio per deviare l’attenzione da un summit destinato a non fornire alcuna risposta alla crisi e al drammatico peggioramento delle condizioni di vita di milioni di donne e uomini ? Cosa c’è di meglio per distrarre l’opinione pubblica dalle difficoltà di legittimazione del Governo ?

Poi, a mezzogiorno in punto, si presenta alla conferenza stampa di gestione degli arresti, nientepocodimenoche il Procuratore capo della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli: è lì per apporre il suo sigillo sull’intera operazione il magistrato vicino al PCI, protagonista prima delle inchieste e dei processi politici contro i movimenti degli anni Settanta, poi dell’ “Antimafia di Stato” per eccellenza, procuratore che lascia Palermo dopo essere stato sconfitto nel tentativo di incastrare Andreotti Belzebù come capo di Cosa Nostra. Caselli non ha dubbi e, di fronte ad un corteo che si è difeso con un grande striscione-scudo di fronte alla violenza della polizia, già sentenzia: “Erano organizzati in modo paramilitare”. E allora proviamo a stropicciarci meglio gli occhi. Perché un uomo del centrosinistra, uno degli idoli di “Repubblica” e di “Micromega”, insomma un mezzo “Padre della Patria” si dovrebbe scomodare per reati da pretura di provincia (resistenza a pubblico ufficiale e lesioni lievissime, con prognosi non superiori ai quindici giorni) ? Perché un fine storico del diritto, com’è per formazione, decide di mandare in galera ventun persone, sapendo che non c’è minimo fondamento giuridico alla loro incarcerazione ?

Proviamo a rileggere le parole di Massimo D’Alema, non quelle di trent’anni fa quando dirigente della Fgci applaudiva la repressione dei movimenti, ma quelle pronunciate ieri sera al “Democratic Party” di Roma. Baffino, in sostanza, ha detto: stanno per arrivare altre “scosse”, dobbiamo prepararci ad assumere importanti responsabilità ed attrezzare il nostro partito, che non è un “centro sociale”. Ecco, qualcuno nel centrosinistra sta costruendo il dopo-Berlusconi, l’uscita di scena di un Presidente del Consiglio troppo “sputtanato”, si sta predisponendo a fornire a questo Paese nella crisi un governo un po’ più adeguato alle domande che vengono dai poteri globali e dalle oligarchie capitalistiche. Magari un governo di “unità nazionale” o di “larghe intese”, guidate da un tecnico (il governatore di Bankitalia Draghi) o da un personaggio presentabile della destra (Letta, Tremonti o Fini). E quando ci si prepara ad un passaggio politico come questo, bisogna dare un segnale preciso ai movimenti, a quanti praticano il terreno del conflitto sociale. Prima, fino alle scorse elezioni politiche, c’era il cuscinetto della cosiddetta “sinistra radicale”: era il meccanismo della rappresentanza e la sua variante senile, salottiera e parolaia, del “bertinottismo”, a cui toccava il ruolo di contenimento della spinta al cambiamento proveniente dai movimenti. Non a caso, sempre ieri sera, D’Alema s’incazzava con quanti tra i suoi avevano fatto una scelta “bipartitica”, buttando fuori dal parlamento Bertinotti & Co.. Ma adesso, appunto, quella sinistra lì non c’è più, è sparita ed è direttamente con i movimenti, con la loro indipendenza che devono tornare a confrontarsi. E proprio su questo versante devono dimostrare di poter controllare la situazione. Privi di fantasia come sono, lo fanno con gli strumenti di sempre: riscoprono il nemico nell’ “Autonomia” (come si legge negli ordini di custodia), mettono in campo i magistrati di una volta, quelli su cui “si può contare”, dividono nei movimenti i “buoni” dai “cattivi”, quelli disposti a subire l’inevitabile sconfitta, chinando la testa, da quelli che resistono. Così pensano di legittimarsi un’altra volta per governare, alla faccia della democrazia e del consenso elettorale.

Ci riusciranno ? Incrociando le dita, pensiamo proprio di no. Questa volta si sbagliano e di grosso. Perché hanno costruito una grossa operazione sul nulla, si sono presi la libertà di ventuno persone sulla base di accuse ridicole e inconsistenti, lanciando così un boomerang che gli tornerà sui denti. Ma soprattutto perché utilizzano gli strumenti inquisitori più vecchi contro la cosa più nuova che sia successa in questo paese negli ultimi anni, contro la prima rivolta di massa di quel lavoro cognitivo che non pagherà mai la loro crisi, che è destinato ad organizzare nella trasformazione radicale le libertà e le ricchezze comuni e che questa piccola carognata gliela farà tutta rimangiare.


Comunicato di solidarietà della Sapienza in Onda. Dal rettorato occupato per protestare contro gli arresti

Nella notte tra il 5 e il 6 luglio, le forze dell’ordine sotto il comando della Questura di Torino hanno perquisito e arrestato 21 persone: 12 a Torino, 4 a Bologna, 3 a Padova, uno a Milano e uno a Napoli. Inoltre, è stata fatta irruzione nel Centro Sociale Askatasuna di Torino e alla Festa di Radio Sherwood a Padova.

Azioni intollerabili e intimidatorie, coperte dal ministro razzista Maroni che promette il g8 più pacificato nella storia di questo summit. Azioni contro chi ha inondato le strade, occupato le università, bloccato il traffico, per rivendicare i propri diritti contro le politiche folli di questo governo. Azioni contro chi ha contestato il g8 dei rettori delle università in modo determinato ed intelligente.

Questa notte, nella settimana di contestazione al g8, un giorno prima dell’arrivo dei grandi, si decide di far scattare l’ennesima azione di polizia per reprimere chi ha deciso di non assoggettarsi alle logiche dell’efficienza e dell’economicità imposte nell’università come nelle nostre vite.


Il corpo vivo dell’università, delle lotte su formazione e precarietà non si arresta!
Per questo oggi a Roma, come a Venezia e Bologna, stiamo occupando i rettorati e le facoltà richiedendo con forza una presa di posizione netta alle istituzioni universitarire contro gli arresti, la criminalizzazione del movimento dell’onda e la chiusura degli spazi di libertà e dissenso.

Tutto ciò avviene in un quadro di criminalizzazione diffusa e di continui atti intimidatori nei confronti dei movimenti: nella giornata di sabato, infatti, sono stati perquisiti tutti i pullman ed i treni che cercavano di raggiungere Vicenza per partecipare alla manifestazione indetta contro la costruzione della base americana. Il giorno successivo, in occasione della fiaccolata che chiedeva verità e giustizia sul terremoto, L’Aquila è stata letteralmente militarizzata attraverso l’istituzione di check-point e l’obbligo di mostrare i documenti.

…Se avete deciso di non farci dormire venendo nelle nostre case, nei nostri luoghi, arrestando i nostri compagni durante la notte, allora avete deciso di non dormire più neanche voi!

L’ONDA PERFETTA NON SI ARRESTA- LIBERI TUTT@!

Sapienza_in Onda

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