"la clase operaia è andata all'inferno"

venerdì 25 settembre 2009

10 anni dopo... il fantasma di Seattle

(da INFOAUT.ORG)
Era il 1999 (sono già passati 10 anni!) e le contestazioni al vertice dei G8 che si teneva a Seattle, annunciava al mondo la nascita di un nuovo soggetto politico, transnazionale ma ostile alla globalizzazione capitalista.

Per diversi giorni, i nuovi attivisti (poi ribattezzati 'No Global') riuscirono a lavorare insieme ai sindacati più tradizionali, ecologisti e anarchici assieme agli edili, nativi e pronipoti delle black panthers di fianco ai Teamsters del trasporto, arrivando persino a bloccare lo svolgimento del vertice.

La ricchezza di quel movimento composito e determinato metteva all'ordine del giorno issues

Da allora molto è cambiato. L'11 settembre e gli altri attentati qaedisti hanno chiuso gli spazi di agibilità e mobilitazione in quasi tutto il mondo anglosassone. Nell'Europa continentale è stata soprattutto una dirigenza moderata e volta all'istituzionalizzazione ad aver affossato le spinte più genuine e radicali del movimento.

Negli ultimi due anni le cose sembrano però in procinto di cambiare. La crisi finanziaria ha svelato limiti e nefandezze di un modello di sviluppo e accumulazione sempre più ingordo, che ingoia e gioca alla roulette delle borse internazionali la stessa sfera riproduttiva. Licenziamenti di massa e impoverimento generalizzato nell'Occidente, crisi alimentari e assalti ai forni in un "terzo mondo" ormai completamente integrato... E' come se il Capitalismo mostrasse le sue crepe nell'incapacità di mantenere le promesse di benessere e ricchezza per tutt*.

L'elezione di Obama è stata segno di questo cambiamento di percezione ma il suo operato è ben lungo dall'incidere là dove ce n'è bisogno: la Sanità per tutt* resta un miraggioGlobal War against Terror un pantano senza exit strategy che continua a lasciar dietro di sé solo morte e distruzione.

Il G20 che si sta svolgendo a Pittsburgh in questi giorni sembra proprio incorniciare uno strano anniversario: il summit non porterà a nessun 'radical change', limitandosi a generiche indicazioni normative per i mercati finanziari mentre le mobilitazioni e la voglia di conflitto sembrano indicare che, anche negli States, Obama non può bastare.

che anticipavano le trasformazioni e gli incubi a venire di un modello di sviluppo non più a lungo sostenibile. Due anni dopo, al G8 di Genova, il movimento seppe mostrare una radicalità fino allora inedita, conquistando una visibilità mondiale e mettendo seriamente in ansia i padroni del mondo, spaventati dall'idea che quelle giornate potessero ripetersi ai quattro angoli del globo. irraggiungibile e la
La palla, ancora una volta, ripassa ai movimenti...

1 commento:

  1. e' un poco che non vedo nuovi post, credo tu non stia avendo tempo. leggo spesso il tuo blog!
    stasera penso che il problema più grosso dell'umanità è che non legge, cioè non conosce abbastanza se stessa......la storia sembra soltanto una sterilità dei libri, non sembra insegnare nulla. l'animale umano si prodiga nel virtuosismo di fregare il prossimo, non conosce l'interazione e il rispetto......amare utopie.
    ti lascio uno scritto fra i miei preferiti del signor gramsci(troppo poco conosciuto......aimè). Antonio franco

    ODIO GLI INDIFFERENTI
    DI ANTONIO GRAMSCI
    Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva; e la massa ignora, perché non se ne preoccupa: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi da fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto ad ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

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